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Foraging: come portare in tavola la natura

Foraging

Sostenibile, innovativo, divertente, istruttivo: il foraging è ormai più che semplice tendenza del mondo gastronomico, è una vera e propria filosofia di vita. Una pratica dalle origini antichissime, antiche almeno quanto l’uomo stesso, riconosciuta e riabilitata dall’uomo moderno per riscoprire i sapori e i profumi di una volta, autentici, selvatici, pienamente naturali.

Una delle caratteristiche più interessanti del foraging è il modo in cui invita cuochi, chef, appassionati di cucina e semplici curiosi a una maggiore consapevolezza dell’ambiente che li circonda, riscoprendo allo stesso tempo la forza della natura, la bellezza di uno spazio incontaminato, l’amore necessario a preservare boschi e campagne, spiagge e prati dall’incuria del mondo civilizzato.


Insieme a sapori e aromi del bosco, consistenze e odori che vengono dal mare o dalla campagna, il foraging è d’ispirazione per tutti coloro che amano rallentare il ritmo della vita moderna, che vogliono fermarsi ad osservare e ad ascoltare, per poi ritrovare quella piccola grande saggezza in cucina, usando tali sensazioni e ricordi in piatti autentici, preziosi, attentamente ragionati.

Il foraging, quindi, non è una semplice ricerca di cibo: è cura e scoperta, impegno nella preservazione dell’ambiente e attenzione nel riconoscimento di piante e bacche, è amore per la natura e ricordi da tramandare di generazione in generazione.

Cosa vuol dire foraging e quando nasce

Come potremmo definire il foraging? In italiano esiste una parola – “foraggiamento” – per indicare non solo l’atto di far provvista di alimenti e vettovaglie, ma anche il comportamento degli animali che si muovono in un determinato ambiente, in continua ricerca di cibo per sé o per la propria cucciolata. Ma cosa c’entra tutto ciò con il moderno concetto di foraging in cucina?

Tradotto in termini gastronomici, il foraging è la raccolta di cibo di origine prevalentemente vegetale che nasce spontaneamente e gratuitamente: si tratta, quindi, della ricerca e della raccolta di bacche, erbe, fiori, frutta, licheni, funghi e cortecce – se si fa foraging in un luogo di montagna o di campagna – oppure di alghe commestibili – se si pratica in mare – nel rispetto della natura e dell’ambiente circostante.

Uno dei prodotti più amati e cercati in questa attività sono sicuramente i frutti di bosco (more, lamponi, mirtilli e ribes), che i più fortunati imparano a riconoscere fin da bambini. La stessa cosa vale per chi è abituato ad andar per funghi, attività che da sempre interessa da vicino la vita di campagna.

Ma il foraging si spinge molto oltre, classificando e utilizzando anche alimenti dal nome molto meno conosciuto, spesso del tutto dimenticati, come alcune erbe selvatiche e particolari tipi di licheni. Sono proprio questi ad essere diventati invece protagonisti dell’alta ristorazione, che ricerca sapori poco conosciuti e prodotti allo stato selvatico, per comporre piatti che si ispirano direttamente ai frutti più immediati della terra.

Sebbene la pratica di raccogliere prodotti naturali che crescono spontaneamente nei boschi montani, in mare o in aperta campagna sia, come abbiamo accennato, una pratica molto antica (l’ alimurgia era infatti praticata regolarmente dai nostri antenati), è proprio la grande visibilità che il foraging ha ottenuto con i ristoranti stellati ad aver riportato l’attenzione della stampa e della critica gastronomica su tale pratica.

Prima di ottenere una certa popolarità tra i menù dell’alta ristorazione, infatti, raccogliere erbe, fiori e frutti nella natura era sostanzialmente ricordata come un’attività di generazioni lontane, specie quelle vissute a cavallo delle seconda Guerra Mondiale: per i nostri antenati, infatti, cercare una fonte di sostentamento da ciò che cresce spontaneamente in natura era una pratica assai diffusa, specie tra gli strati meno abbienti della popolazione. Per qualcuno, infatti, mangiare bacche e frutti trovati nel bosco o erbe spontanee raccolte nei prati, era l’unico modo per arricchire una dieta inevitabilmente povera di vitamine e minerali.

Foraging, salute e biodiversità

Il foraging non è solo l’ultima tendenza dell’alta ristorazione, ma anche un modo intelligente e costruttivo per condurre uno stile di vita pieno di benefici, con un’alimentazione ispirata alla salute e al gusto.

Bacche, semi, erbe e radici sono alla base di infusi e tisane realizzati a scopi terapeutici: integrarli nei piatti dei ristoranti e nell’alimentazione quotidiana rappresenta una scelta di indubbio beneficio per l’organismo.

Chi pratica abitualmente l’arte del foraging, inoltre, gode della fortuna di “lavorare” in un ambiente sano e pulito, al riparo dallo smog cittadino e dallo stress della vita d’ufficio: raccogliere i frutti della natura è un’ esperienza immersiva, totalizzante, ristoratrice nel corpo e nello spirito. È per questo che molti ne parlano come una vera e propria terapia, soprannominandola forest bathing. D’altra parte i benefici del foraging sull’organismo sono concreti, misurabili e unanimemente riconosciuti, a partire dalla riduzione dello stress.

Il foraging, tuttavia, non dovrebbe fare bene solo al nostro organismo, ma anche all’ambiente: se praticato con cognizione di causa, infatti, questo tipo di attività dovrebbe fare della sostenibilità il proprio segno distintivo. Essa si fonda sulla ricerca e la preservazione di specie locali, non antropizzate, valorizzate da una nuova e forte sensibilità per la tutela della biodiversità. Il foraging è un tassello importante della cucina sostenibile, e allo stesso tempo è da quest’ultima promosso ed enfatizzato in piatti e menù a tema.

Come fare foraging in maniera sostenibile

Anche il foraging ha le proprie regole, quindi, e chi vuole praticarlo deve prestare particolare attenzione a sottostare non solo alla sua filosofia, facendo ricerca e raccolta in modo sostenibile e rispettoso per la natura, ma anche a norme di buona condotta, che riguardano l’osservanza del Codice Civile e della proprietà altrui.

È bene sapere, ad esempio, che praticare il foraging negli spazi pubblici, sui sentieri e nei boschi è quasi sempre legale e autorizzato, e non necessita di particolari permessi. È invece proibito nei luoghi appartenenti a una proprietà privata (che questa sia segnalata con cartelli e recinzioni o meno). Bisogna quindi accertarsi sempre con anticipo di non essere sul punto di raccogliere piante o frutta sul terreno altrui, specie se senza il permesso del legittimo proprietario. Questa indicazione vale sia per alimenti di un certo pregio, come funghi e frutta, sia per quelli che possono apparire meno “preziosi”, come erbe e licheni: non esiste distinzione in questo senso.

Dopotutto, l’ arte del foraging è particolarmente democratica: gli spazi che consentono di praticare questa attività sono sostanzialmente infiniti, e vale la pena percorrere qualche chilometro in più (nel caso in cui non si disponga di un proprio giardino, ad esempio) per non incorrere nel pericolo di violare la proprietà privata. È inoltre proibito, oltre che eticamente sbagliato, raccogliere erbe, licheni, fiori e frutti in zone naturali sottoposte a particolare protezione, come le aree protette, le riserve naturali (sia montane e sia marine) e i parchi nazionali.

Foraging e cucina: alcuni consigli

La raccolta, quindi, deve essere condotta davvero in modo sostenibile: ricordate di non strappare la pianta dalle radici e di lasciare intatto il loro apparato radicale, laddove possibile; allo stesso modo, se usate la corteccia, non rimuovetela da alberi vivi, ma solo dai tronchi morti o caduti.

Tra i consigli utili alla pratica del foraging vi è sicuramente quello di fare attenzione durante le raccolte sui sentieri pubblici, adottando tutte le norme di sicurezza previste per gli escursionisti che fanno trekking. Evitate d’altro canto le zone troppo vicine ad allevamenti, campi coltivati o strade, perché potrebbero risentire dell’inquinamento o dell’uso agricolo di sostanze chimiche. Se raccogliete elementi edibili in un parco pubblico, prestate attenzione che ciò che prendete non sia stato raggiunto prima da animali come cani e gatti.

Usare il foraging nelle ricette è quanto di più creativo e versatile si possa sperimentare in cucina. Tra gli alimenti più gettonati ci sono alcuni elementi piuttosto comuni, come la frutta, e altri meno conosciuti, come i fiori e le cortecce. Vediamone alcuni:

  • castagne e frutta secca: castagne, marroni, nocciole sono un bottino facile e prelibato di cui far scorta durante l’autunno. Con questo tipo di alimenti, in particolare, è possibile realizzare deliziosi gnocchi di castagne, dolci budini o creme deliziose;
  • frutti di bosco: chi non ha mai fatto una raccolta di queste piccole e golose bacche nel bosco della propria infanzia, per realizzare una marmellata fatta in casa o un dessert alla frutta? Le more, ad esempio, sono perfette per realizzare dei gelati, perché si raccolgono prevalentemente in estate, ma anche per dessert come la prelibata bavarese a frutti di bosco;
  • aglio selvatico: è un alimento particolarmente apprezzato in cucina, che si trova sugli argini dei fiumi, sulle sponde di torrenti e corsi d’acqua, e si raccoglie ad inizio primavera (le foglie tenere) o nella stagione inoltrata (i fiorellini bianchi, molto profumati). Con l’aglio selvatico si insaporiscono pesci e carne da cortile, ma anche zuppe e primi piatti rustici;
  • ortiche: sebbene occorrano dei guanti spessi per raccogliere questa pianta, il suo effetto irritante scompare dopo la cottura; si identifica facilmente tra le altre piante selvatiche e non va raccolta quando è già in fiore. In cucina è particolarmente adatta per realizzare pasta fresca e ripiena, farciture, zuppe e gnocchi, specie in abbinamento a formaggi importanti;
  • fiori di sambuco: elemento protagonista di molte tisane e infusi, i fiori di sambuco si trovano a cavallo tra primavera e estate, ma anche in autunno, perché l’albero produce una doppia fioritura; si utilizzano in infusione oppure per realizzare marmellate, yogurt e frittelle.

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